COMMEMORAZIONE DI SANTA BONA

Il 29 maggio 2021, nella Chiesa di San Martino in Pisa ore 18,30, nell’anniversario della sua morte avvenuta il 29 maggio 1207, è stata commemorata Santa Bona, santa pisana dichiarata da Giovanni XXIII, Il 2 marzo 1962, Patrona delle Hostess, Assistenti di volo e di quanti operano nell’assistenza e nel supporto di chi viaggia .

L’Associazione “Ponte di Mezzo” ha voluto così rinnovare una tradizione cittadina ricordando l’esempio di questa giovane donna che ha dedicato la sua intera vita all’assistenza dei pellegrini accompagnandoli, sostenendoli e confortandoli, in Terra Santa, in luoghi di pellegrinaggio italiani e per ben nove volte fino a Santiago di Compostela e ritorno.

Nella Chiesa di San Martino sono conservate, in una teca ben visibile ai fedeli, le sue spoglie a cui è stato reso il volto grazie all’elaborazione che il Prof. Mallegni ha eseguito sullo scheletro della testa mirabilmente ben conservato come tutto il resto della sua ossatura.

Alla cerimonia, oltre alla delegazione pisana dell’ “Ordine dei Cavalieri di Malta” e le associazioni “Amici di Pisa” ed “Assofly”, ha partecipato la cittadinanza pisana occupando tutti i posti disponibili nella chiesa al massimo dei limiti di capienza nel rispetto delle attuali norme sanitarie di prevenzione e protezione da SarsCov2

La presenza del Coro Liturgico San Francesco ha contribuito a rendere ancora più solenne l’avvenimento eseguendo brani liturgici con grande maestria artistica, armonia e sonorità di alta scuola.

SANTA BONA DA PISA

"Ponte di Mezzo continua nella sua opera di promozione delle tradizioni popolari impegnandosi, in questa occasione, nel ricordare una Santa pisana patrona delle Hostess e degli assistenti di volo e, volendo, di tutti gli operatori turistici che dedicano il loro impegno nell'accogliere ed accompagnare i turisti di tutto il mondo.

Il 29 maggio 2021, ricorrenza della sua morte, verrà rinnovata la tradizione della commemorazione di Santa BONA con una Messa animata dal Coro Liturgico S.Francesco, a cui viene invitata a partecipare tutta la cittadinanza

Presso l'Archivio Capitolare del Duomo di Pisa è conservato Il Codice C 181 che raccoglie una biografia di Santa Bona scritta dal monaco pulsanese Paolo, coevo della Santa.

Grazie agli scritti di questo monaco si può collocare la nascita di Bona tra il 1155 ed il 1156 a Pisa nella parrocchia di San Martino di Guazzolongo nel quartiere di Kinzica.

Bona fu la figlia unica di Berta, originaria della Corsica e del mercante Bernardo che si imbarcò quando lei aveva 3 anni lasciando mamma e figlia in grandissime difficoltà.

Dalla biografia si viene a conoscere che la vocazione nacque in lei all’età di 7 anni quando entrò in convento grazie a padre Giovanni dell'Ordine dei Canonici Regolari di San Agostino.

Bona scelse la penitenza corporale indossando il cilicio ed all'età di dieci anni ebbe un nuovo incontro con Gesù, Maria e San Giacomo.

Consacrata al Signore all'età di dieci, dopo tre anni di raccoglimento ed aspre penitenze, nel 1170, a seguito di una nuova visione di Gesù, parte per Gerusalemme dove viene a sapere, per rivelazione divina, che vi vive suo padre Bernardo.

Deve però fuggire da suo padre e vi riesce per intercessione del Signore, rifugiandosi presso un eremita di nome Ubaldo, che diventa il suo padre spirituale.

Nel viaggio di ritorno a Pisa assieme ad alcune sue compagne viene ferita al costato e catturata dai saraceni dai quali viene riscattata da alcuni mercanti pisani, che intorno al 1175 la riconducono a Pisa tornando a vivere nella sua stanzetta di San Martino.

Qui, le si manifesta nuovamente Gesù in compagnia di S. Giacomo che la invita ad unirsi a dei pellegrini in viaggio per Santiago de Compostela.

Il pellegrinaggio era un'autentica avventura che durava circa nove mesi, i pellegrini sapevano di rischiare anche la morte.

Bona, pur di costituzione esile e in dosso il cilicio, parteciperà a ben nove pellegrinaggi dedicando tutto il suo impegno a sorreggere nelle difficoltà, incoraggiare nei momenti più difficili, prestare soccorso sanitario ed invitare tutti i pellegrini alla preghiera e alla penitenza.

Guidò anche i pellegrini a Roma e raggiunse anche San Michele Arcangelo sul Monte Gargano.

All'età di 48 anni, costretta a rinunciare ai pellegrinaggi si ritirò nella sua casa a Pisa dove morì il 29 maggio 1207.

Il 2 marzo 1962, Giovanni XXIII l’ha ufficialmente dichiarata patrona delle hostess di Italia e degli assistenti di volo, in virtù della spiccata vocazione della Santa a confortare e sorreggere i pellegrini nei momenti più difficili.

Le sue spoglie risposano nella Chiesa di San Martino a Pisa, dove è tradizione che gli assistenti di volo si ritrovino il 29 maggio di ogni anno.


NAPOLEONE BONAPARTE

Mercoledi 5 maggio 2021 ricorre il duecentesimo anniversario della morte di Napoleone Bonaparte.


L’Associazione “Ponte di Mezzo” vuole ricordare quest’uomo che ha segnato un’epoca e la storia europea a cavallo di due secoli, non solo con le sue azioni militari ma soprattutto per il rinnovamento culturale, economico, sociale, sanitario e giuridico dell’intero continente.

La città di Pisa non ha avuto particolari interazioni con Napoleone ma val bene ricordare che la prestigiosa Scuola Normale Superiore è nata grazie al decreto napoleonico del 18 ottobre 1810, relativo agli “stabilimenti di istruzione pubblica” in Toscana che stabilì l'istituzione a Pisa di un "pensionato accademico" per gli studenti universitari per creare una succursale dell'École Normale Supérieure di Parigi.

L’Associazione Ponte di Mezzo vuole qui rendere omaggio a Napoleone ricordando il rientro delle spoglie dell’imperatore da Sant’ Elena a Parigi

NEL SEGNO DELL’AQUILA

Eventi, personaggi ed Istituzioni Europee dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione. Volume 2, pag. 279-281 di Franca Maria VANNI.

In un codicillo del suo testamento scritto a Longwood House, Napoleone aveva espresso il desiderio di essere sepolto sulle rive della Senna. Il maresciallo Bertrand inoltrò la richiesta ai ministri di Luigi XVIII che la respinsero per il timore di tumulti. Anche la richiesta inoltrata nel 1830 dalla Camera dei Deputati per seppellire i resti di Napoleone ai piedi della colonna eretta in piazza Vendôme non ebbe buon esito.

Finalmente nel 1840 il primo ministro Adolphe Thiers ottenne dal re l’autorizzazione a riportare i resti del grande Corso in Francia. Il 10 maggio l’ambasciatore francese a Londra Guizot formulò la richiesta ufficiale al governo britannico che la accolse. Nel frattempo in Francia vi furono accesi dibattiti circa la scelta del luogo di sepoltura: Saint Denis, il Pantheon, Les Invalideds, la Madaleine, l’Arco di Trionfo, la colonna di Piazza Vendôme ed il costo di tale operazione. Alla fine una votazione in Parlamento decretò con una larga maggioranza la sepoltura a Les Invalides.

Alle ore 19 del 4 luglio 1840, la fregata La Belle Poule partì per Sant’Elena. Essa venne decorata con le api imperiali ed al centro fu innalzato un catafalco per poter caricare il sarcofago attorniato da quattro aquile dorate

Alla spedizione, guidata dal Principe di Joinville, il terzo figlio del re, parteciparono anche il generale Bertrand e suo figlio Arthur che racconterà questo ritorno in un’opera dal titolo Lettre sur l’espédition de Sainte-Hélène en 1840 (Le Général Bertrand; Berthelot). Bertrand fu uno dei quattro generali che scortò il feretro fino a Les Invalides.

Dopo 93 giorni di viaggio la spedizione arrivò Sant’Elena. Una volta effettuata la cerimonia dell’esumazione, le spoglie di Napoleone furono trasportate, dopo una cerimonia funebre, al porto e caricate sulla fregata La Belle Poule che giunse sulle coste francesi il 30 novembre. Un testimone oculare della spedizione, il cappellano della fregata sulla quale viaggiava il feretro così descrive l’arrivo a Rouen:

Giunti a Val de Lahaye, tre leghe da Rouen, dove la Normandia non potendo più oltre rimontare la Senna, fu necessario un nuovo trasbordamento, pel quale altri minori legni a vapore ivi si trovavano in porto e che fu eseguito nella notte sotto la direzione di S.A.R. Il catafalco fu posto sul battello la Dorade n. 3 spogliato prima di tutti quei barocchi ornamenti, dei quali lo trovammo sopraccarico. E avendo la persona cui questo s’aspettava chiesto del modo con cui supplire alla non consentita decorazione, lo stesso principe di Joinville dispose le cose in questi termini: “il battello lasci vedere i suoi fianchi dipinti di nero come sono: in cima all’albero sventoli la bandiera imperiale: sul ponte, fra l’albero e la punta di prua, sia il catafalco coperto del suo funebre manto: davanti al catafalco sorga l’altare, dove sarà il posto del sacerdote: di dietro, io con il mio stato maggiore i marinai si pongano sotto le armi, e il cannone di poppa tiri ad occidente un colpo per minuto.” La mattina seguente riprese il viaggio verso Rouen e dopo poche ore la nave giunse in questa città. La flottiglia si fermò tra due ponti. Una spiaggia carica di trofei militari splendenti d’armi, di bandiere e di corone: squadroni di cavalleria scintillanti all’occhio del sole per i lucidi elmi e le corazze tra l’entusiasmo della popolazione…. L’arcivescovo sul margine del fiume benedì le spoglie intonando l’inno dei morti al quale si unirono duecentomila voci. Terminata la cerimonia subito ripartirono ed il battello imperiale passando sotto il ponte, si trovò coperto di fiori e di corone.

La bara di Napoleone arrivò Parigi il 15 dicembre. Nonostante la temperatura fosse molto bassa una immensa folla si era radunata nel tratto che va dal Pont de Neuilly a Les Invalides per rendere omaggio ai resti di Bonaparte. La bara fu ospitata nella cappella di Saint-Jérôme fino al 1861 quando venne completato il monumentale sarcofago dove oggi riposano le spoglie.

Le Retour des cendres concesso da Luigi XVIII con l’intento di rafforzare l’immagine della monarchia ebbe invece come risultato la glorificazione dell’immagine dell’ex imperatore.

SAN RANIERI PATRONO DI PISA

Viene qui riproposto l’articolo di Elisabetta PICCINI attenta conoscitrice

delle tradizioni pisane

Da Storia e Folklore Calabrese,

Sito di Domenico CARUSO – Lettere e Contributi.

“L'unanime consenso per il gemellaggio con la Regione che, più di ogni altra, racchiude inestimabili tesori artistici e suscita particolari sentimenti di ammirazione (v. in "Storia della Calabria": Toscana chiama Calabria), c'induce a conoscere più da vicino un'interessante e suggestiva vicenda umana e spirituale nonché l'incantesimo della "Luminaria" che si ripete in occasione dei festeggiamenti di San Ranieri a Pisa.

La piazza, su cui sorgono il Duomo (che conserva il corpo di S. Ranieri) - il Battistero e la celebre Torre pendente, è chiamata "il prato dei miracoli". "Miracoli d'arte, certo", scrive Bargellini, "ma sbocciati sui miracoli della santità - quella santità che fa vivere ancora l'antico suonatore di liuto, gentile patrono della città di Pisa".

Pertanto, ringraziamo l'amica Elisabetta Piccini, residente nella già fiorente repubblica marinara, della cortese concessione di pubblicare (con qualche adattamento) nel nostro sito il suo servizio che segue.”

San Ranieri, Patrono di Pisa

San Ranieri nacque nell'anno 1118 a Pisa - quando il Duomo era appena sorto - da una distinta famiglia. Ebbe un'infanzia serena e fu affidato ad un sacerdote che lo educò ai principi cristiani. Oltre alla preghiera, il giovane amava cantare e imparò a suonare un piccolo strumento a corda. Ciò attirò a sé molte amicizie e conoscenze ma, come spesso succede, fra queste ve ne furono di negative che ben presto condussero Ranieri fuori dalla retta via.

Il giovane iniziò una nuova vita non più all'insegna dei sani principi cristiani, fondati sulla fede e sulla preghiera, ma nella ricerca spasmodica delle gratificazioni terrene e del divertimento.

Tuttavia, nonostante si sentisse fortemente attratto da quella esistenza fondata sul materialismo, nel suo animo aumentava in modo impressionante un'indicibile tristezza.

I genitori fecero di tutto per ricondurlo sulla buona strada ma senza riuscirvi. Le vie del Signore, però, sono infinite e meravigliose per cui anche Ranieri fece ritorno al buon sentiero.

Un giorno, mentre il giovane si divertiva spensieratamente con alcuni amici pisani, gli passò davanti un povero fraticello. Era Alberto di Corsica che, dopo aver smesso gli abiti di cavaliere e donato i suoi beni ai poveri, si era ritirato a pregare e a fare penitenza in convento. Toccato dalla grazia divina, Ranieri si rese conto di essere nell'errore e - lasciati suoni e canti - seguì il fraticello.

Una volta giunti al convento di San Vito, sulle sponde dell'Arno, il giovane rivelò a Padre Alberto il desiderio di volergli parlare. Dal colloquio, Ranieri percepì un tale ardore da prostrarsi ai piedi dell'umile frate e confessare a lui piangendo tutti i suoi peccati.

Pare che avesse versato tante lacrime da diventare cieco e che, successivamente, per un prodigio avesse riacquistato la vista. Non aveva ancora che 19 anni!

Lasciati - quindi - gli abiti della vecchia e malsana via e ripresi quelli della virtù, suscitò tanto stupore fra amici e conoscenti che l'avevano frequentato che numerosi di loro - colpiti da una tale conversione - cominciarono ad ammirarlo.

Un giorno, mentre Ranieri pregava nella Chiesa di San Pierino, ebbe una singolare visione che fece strabiliare gli astanti. Vide giungere dall'alto un'aquila con una fiaccola accesa nel becco e udì una voce che l'esortava: «Vengo da Gerusalemme, prendi questa fiaccola e fa' luce a chi è nelle tenebre del peccato!».

Ranieri, dopo quella visione, si sentì spinto verso i luoghi sacri.

Nella patria di Gesù il giovane rimase per 13 anni, osservando una vita di raccoglimento e di penitenza, distribuendo i suoi beni ai poveri e vestendo un misero sacco (la pilurica). Ottenne molte visioni del Paradiso, in una delle quali la Santa Vergine gli predisse che il suo corpo avrebbe riposato in una bella chiesa pisana e sarebbe stato venerato nei secoli dai suoi concittadini.

In Terra Santa operò diversi miracoli, fra cui quello di sfamare con un solo pane tanti poveri.

Nell'anno 1154 Ranieri iniziò il viaggio di ritorno in patria giungendovi felicemente dopo lungo tempo. Intanto a Pisa era pervenuta la fama della sua santità ed autorità e cittadini si prepararono ad accoglierlo degnamente. Tutti assieme si diressero al Duomo dove l'umile fraticello ringraziò il Signore per i doni spirituali ricevuti. Tornò, quindi, alla chiesetta dove era avvenuta la sua conversione e lì si stabilì per sempre.

Il giovane iniziò, così, ad operare prodigi e conversioni fra la gente che senza sosta si accalcava nel luogo santo.

Convertì i peccatori, consolò gli afflitti, guarì molti ammalati servendosi anche dell'acqua da lui benedetta e per questo egli fu definito "Ranieri dell'acqua".

Si spense serenamente - sette anni dopo il rientro dalla Terra Santa - all'età di 43 anni, il 17 giugno 1161.

Al momento del trapasso alla Patria Celeste tutte le campane di Pisa cominciarono a suonare a distesa da sole. Era l'ennesima testimonianza di pace e di amore che il santo elargiva all'amata patria toscana!

La salma di Ranieri, accompagnata da una folla osannante e commossa, fu quindi portata al Duomo e deposta sopra un pulpito affinché i fedeli potessero meglio osservarla e venerarla.

Nel 1632 la Chiesa proclamò San Ranieri Patrono principale della città e della Diocesi di Pisa.

La famosa Luminaria in onore del Santo ebbe inizio nel 1688 quando il Granduca di Toscana Cosimo III fece sistemare le spoglie mortali di Ranieri in un'urna di marmo prezioso, in sostituzione di quella precedente semidistrutta dall'incendio del 1596.

La Luminaria consiste nell'accensione, all'imbrunire del 16 giugno, di migliaia di lumini di cera posti in appositi bicchieri di vetro ed appesi mediante telai di legno sui davanzali ed intorno alle porte dei palazzi che si trovano sui Lungarni. L'effetto del riverbero della miriade di fiammelle nelle acque del fiume risulta veramente unico e spettacolare. Ogni anno si rinnova l'importante appuntamento ed accresce la devozione dei pisani verso il loro inclito Santo".

Elisabetta Piccini


UNA MONETA PISANA DIVENUTA RELIQUIA

Lo studio della numismatica, oltre ad essere un elemento fondamentale della storia e dell’economia universale, a volte ci racconta aspetti inediti e particolari della società.

Nel Volume di Franca Maria VANNI, “PISA GLORIOSA – Le monete della Zecca di Pisa”, Pisa, 2010, CLD libri, p.113, l’autrice racconta di come una moneta pisana sia divenuta una reliquia; il brano viene riportato qui di seguito.

NON SOLO VIL DENARO

Tra le leggende medievali riguardanti le monete ne esiste una che narra come un grosso pisano da “vil denaro” fosse divenuto una reliquia con le capacità di rimettere parzialmente o totalmente i peccati commessi. La moneta giungeva ad essere considerata tale, alla fine di un percorso che, sviluppatosi fin dall’età romana parallelamente alla sua funzione peculiare di mezzo di pagamento, la vide usata in ambiti completamente diversi da quello economico come quello della gioielleria.

Nell’antichità poi era molto radicata la credenza che gli spiriti maligni non potessero penetrare negli oggetti rotondi come la moneta che diveniva quindi un potente amuleto.

Consolidatasi con il Cristianesimo la fiducia nell’azione protettiva della moneta, questa assunse nel Medio Evo anche un aspetto salvifico, quando portava raffigurati simboli di grande devozione quali l’immagine della Madonna e il Santo Patrono della città.

Alcune monete italiane come ad esempio i carlini di Carlo VIII della zecca pisana risultano volutamente forati per essere appesi al collo come funzione protettiva; ma vi furono casi in cui le monete, perché protagoniste di un evento “miracoloso”, furono considerate addirittura reliquie e in quanto tali venerate.

Secondo la leggenda riportata da Manni (Discorsi sopra le monete in Argelati 1750-1759. V, p.45), nel 1392 a Empoli (FI) un accanito giocatore aveva perso tutti i suoi averi al gioco. L’unica moneta rimastagli era un grosso di Pisa con l’immagine della Madonna. Preso dall’ira per aver perso tutto, pugnalò la moneta dal lato dove era l’immagine della Vergine, che si mise a sanguinare.

Questa moneta miracolosa venne portata nella Chiesa di Santo Spirito a Firenze per esservi conservata.

Leone X Medici (1513-521) la riconobbe come reliquia, concedendo l’indulgenza a tutti coloro che avessero visitato la Chiesa la quinta domenica di Quaresima, giorno della sua ostensione.

Purtroppo oggi questa moneta è dispersa, ma a metà del XVIII secolo il grosso doveva ancora trovarsi nella Chiesa di Santo Spirito se il Manni poté pubblicarne il disegno.

A conferma della consuetudine di infierire sulle immagini sacre raffigurate sulle monete quando gli eventi erano sfavorevoli ai loro possessori, un foro prodotto dalla punta di un coltello è presente in un altro grossone di zecca pisana conservato nella collezione numismatica del Museo Bottaccin di Padova (n. 14 dell’iventario del Museo), entrato a far parte della raccolta nel 1873.

LA CHIESA DEL SANTO SEPOLCRO

L'Associazione "Ponte di Mezzo" riceve e pubblica con piacere un nuovo contributo, alla storia di Pisa, della Dott.sa Franca Maria VANNI.

Cosi come nel precedente articolo ci ha raccontato di una moneta pisana divenuta reliquia, in questo caso ci racconta di un monumento di alto valore storico per la città di Pisa.

Testimonianze gerosolimitane a Pisa: la chiesa del Santo Sepolcro

Nel XII secolo, a seguito delle prime crociate, in tutta Europa vennero costruite chiese a pianta centrale o ottagonale ad imitazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme ed in particolare della parte a pianta rotonda dell'antica basilica costantiniana chiamata Anástasis (resurrezione) che conteneva i resti della grotta che Elena, la madre di Costantino e Macario ed il vescovo di Gerusalemme, avevano identificato come luogo della sepoltura di Gesù.


Attraverso mercanti, pellegrini e membri dell’Ordine degli Ospedalieri, creato molto probabilmente nel 1099, all’epoca in cui l’arcivescovo di Pisa Daiberto venne designato primo patriarca latino di Gerusalemme nel 1099, giunsero in Occidente modelli della Santa Edicola e del Santo Sepolcro.

Tra le testimonianze gerosolimitane presenti a Pisa è da ricordare la chiesa del Santo Sepolcro.

La dedicazione della chiesa, Santo Sepolcro, vuole ricordare la partecipazione del vescovo Daiberto e, attraverso lui, della città alla prima crociata.

Intorno al 1112 i Frates Ospitalieri avevano fondato a Pisa, un ospedale nel quartiere di Chinzica; la chiesa, che faceva parte di questo complesso, trovò la sua collocazione sul lato sinistro del fiume Arno nella zona, molto frequentata dagli stranieri, in cui si trovavano i magazzini delle merci e le altre attività commerciali e manifatturiere della città.

Come attesta un’epigrafe posta sul campanile della chiesa che recita Hiuius operis fabricator deutesalvet nominatur (Diotisalvi venne nominato costruttore di questo edificio).


Diotisalvi, che costruì anche il Battistero di Pisa, era probabilmente un monaco dell’Ordine di San Giovanni Battista di Gerusalemme.


Egli venne in caricato di costruire una chiesa che, con il richiamo ad architetture orientali, testimoniasse il coinvolgimento della città in funzione antimusulmana.


La Repubblica di Pisa infatti intensificando i propri commerci nel Mediterraneo durante l’XI secolo, aveva finito per scontrarsi più volte con i Saraceni.


La chiesa doveva esser già edificata nel 1138 dal momento che in un documento di quell’anno l’ospedale gerosolimitano viene localizzato vicino alla chiesa del Santo Sepolcro.


L’interno della chiesa ha come modello “la Cupola della Roccia“ di Gerusalemme la cui costruzione venne iniziata dal califfo Abd al Malik nel 688 d. C.; l’esterno ha come modello la moschea di Omar che all’epoca delle prime crociate era erroneamente ritenuta il tempio di Salomone

All'interno un ambiente centrale è circondato da otto pilastri pentagonali che sostengono un tamburo centrale rialzato, con finestre, sormontato da una cuspide di forma piramidale in laterizio.

Intorno al vano centrale un ambulacro.

La chiesa presenta tre portali di accesso rispettivamente posti nel lato sud, ovest e nord.

A destra della porta di ingresso è collocato un pozzo in pietra usato, secondo la tradizione duecentesca, da Santa Ubaldesca durante la sua opera di soccorso ai pellegrini ricoverati nell’Ospedale dei Gerosolimitani.

La chiesa conserva inoltre un busto in legno della Santa e il secchio a lei appartenuto.

Nel XVI secolo la chiesa, alla quale già erano stati addossati nuovi corpi di fabbrica, fu dotata di un portico in arenaria.

Qui sopra la chiesa prima del restauro ottocentesco in un disegno del 1717.

Dichiarata inagibile nel 1848 venne riconsacrata nel 1876 dopo essere stata restaurata da Rodolfo Castinelli che ripristinò il pavimento originale rinvenuto un metro sotto il livello di calpestio della piazza circostante.

Per riportare l’edificio all’aspetto che doveva avere nel medioevo, venne distrutto il loggiato rinascimentale e l’ambulacro interno e ripristinate alcune finestre; infine la piazza venne rifatta da Pietro Bellini autore anche della balaustra in metallo che circonda la chiesa.

PISA PROBABILI ORIGINI


La città di Pisa originariamente doveva avere il suo centro nell’attuale Piazza dei Cavalieri. In epoca romana le fu riconosciuto il titolo di PISA COLONIA JULIA OBSEQUENS grazie all’aiuto fornito ai Romani nelle guerre contro i Liguri. Oggi a testimonianza visibile di ciò resta il nome di Piazza delle Vettovaglie a quell’area che, non molto tempo fa, era adibita al mercato giornaliero. La parola vettovaglie deriva direttamente dal latino ed indica gli approvvigionamenti in cibo che dovevano ricevere i soldati Romani.

La Piazza dei Cavalieri ha la conformazione tipica del FORO, centro delle città romane, dove si incrociavano il CARDO ed il DECUMANO corrispondenti rispettivamente alle Vie Dei Consoli del Mare- Via S. Frediano( leggermente spostata)(il Cardo), Via dei Mille (ora Via Dalmazia)-Via U Dini, presumibilmente vicino al Palazzo dell’Orologio( il Decumano).

La facciata del palazzo della Scuola Normale Superiore infatti ha una forma arcuata internamente con ali laterali più avanzate verso l’esterno, costruita presumibilmente sulle fondamenta di una parte del Foro romano anteriore; tutto il resto della piazza sembra sorgere nello stesso modo arcuato.

In seguito fu edificata la Chiesa di San Sisto, che secondo alcuni studiosi, sarebbe stata la primitiva cattedrale della città.

A conferma dell’antica disposizione della Piazza, altri edifici nelle vicinanze ne sarebbero la prova come la chiesa di Sant’Apollonia, che era inizialmente capovoltata; quindi con la porta verso la piazza dei Cavalieri, e dedicata a San Pietro ad Ischia, come si desume dall’affresco dell’abside. Detto ciò risulta quindi che la piazza fosse il centro della città.

Aggiungo infine che recenti studi basati sul rilevamento dall’alto affermano che la città di Pisa sorgesse su una Laguna come Venezia e che l’Arno avesse la foce a delta, che partiva dall’odierna Cascina, poi interratosi ma il cui ramo principale era rimasto ed ha formato il fiume Arno attuale.

Quando fu edificata l’attuale Casa dello Studente, all’angolo fra via s Apollonia e Via Consoli del Mare, durante i lavori per le fondamenta, furono fatti scavi abbastanza profondi e lunghi nel tempo perché dovevano essere svuotati dall’acqua che affiorava continuamente dal sottosuolo e lungo Via delle Sette Volte scorreva un ramo secondario dell’Auser o Serchio(forse però poteva essere uno dei rami del delta dell’Arno), probabilmente l’altro scorreva lungo gli attuali Borghi per poi immettersi nell’Arno.


Toponomastica e Strata Vallis Arno


Da ipotesi sulle piante catastali alcuni studiosi hanno identificato la Via di Mezzo Nord con l’antica STRATA VALLIS ARNI, che da Pisa conduceva a Cascina.

Fu aperta dai Romani per il controllo del territorio, ormai conquistato ed occupato, e doveva seguire l’andamento del fiume Arno, lungo il quale avevano approdi per caricare e scaricare materiale e merci provenienti dal Porto Pisano della città di Pisa, diventata COLONIA JULIA OBSEQUENS.

La prova che Via di Mezzo Nord sia l’antica Strata Vallis Arni, è inoltre data dal fatto che alcune ville signorili che si affacciano su di essa abbiano la facciata rivolta verso Nord, mentre altre che si affacciano sul tracciato della medesima strada, abbiano la facciata rivolta verso Sud. Entrambi i tipi sono dunque eredi di Ville-Fattorie Romane, che controllavano tanto il territorio ad esse assegnato quanto la strada che doveva essere percorsa dai Legionari Romani ancora in servizio. Come tipo edilizio la villa di residenza signorile era già conosciuta dagli Egizi ed ebbe grande diffusione nella Società Romana; per assumere poi carattere fortificato nel Medioevo e monumentale nei secoli XV e XVI. Nel ‘500 la maggior parte delle ville fu arricchita dal giardino e riprese il modello della Villa Palladiana mentre alcune strutture architettoniche furono ristrutturate, secondo nuove concezioni, nel Settecento.

Tornando a Via di Mezzo Nord c’è da aggiungere che termina a San Frediano a Settimo, proprio alla sponda dell’Arno, con un andamento quasi rettilineo, da dove si collega alla strada Tosco- Romagnola attuale , che ripercorre così l’andamento della strada romana

L'attribuzione dei toponimi ai paesi situati lungo la via romana veniva fatta in base alle distanze in miglia romane dalla città di Pisa ed ancora oggi ne è la prova: Quinto è identificabile con Casciavola, Sesto dove sorge la Pieve di San Cassiano, Settimo con San Benedetto a Settimo, Ottavo ad ovest di Cascina, dove sfociava il fiume Cascina, Nono ad est di Cascina e Tredici fra Vicopisano e Calcinaia.


PALAZZO ALLA GIORNATA


Il Palazzo alla Giornata sui Lungarni , deve il suo nome ad un episodio particolare tramandato dalle leggende pisane e così raccontatomi.

Anticamente il ricco proprietario, esponente della nobiltà pisana, aveva a suo servizio un bravissimo uomo catturato durante una delle tante imprese pisane. Era stato fatto prigioniero e fu assegnato a lui. Venne dunque a stabilirsi a Pisa nella dimora del suo padrone, passarono gli anni e lo schiavo era sempre fedele, preciso ed ubbidiente. Un giorno disse al padrone che aveva bisogno di parlargli, questi allora lo chiamò e gli disse di esporgli il problema. Lo schiavo disse: “ Quando potrò essere libero? “ ed il padrone rispose: “ Ti accontento Il GIORNO IN CUI DI VENERDI’ SI POTRA’ MANGIARE CARNE TI LIBERERO’”. Erano tutti molto religiosi ed un tempo tutte le famiglie, per tutto l’anno, il venerdì non mangiavano carne essendo il giorno della morte di Gesù. Quell’anno Il Santo Natale,25 dicembre, accadde di venerdì e si poté mangiare carne. A casa del nobile fu festa grande, lo schiavo fu liberato e la catena che portava al piede fu appesa all’arco della porta in ricordo di ciò. Il palazzo porta pertanto il nome ALLA GIORNATA in memoria di quell’evento.

IL GIORNO DI SAN SISTO